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La costruzione del futuro di un bambino dovrebbe avvenire in ambito familiare e con l’ausilio della scuola e della società, in un clima di serenità che aiuti il giovane a trovare, a poco a poco, la sua strada. Purtroppo, per diverse ragioni, ciò non è sempre possibile. È per questo che, a cavallo degli anni ’70 e ’80, sono nate delle strutture dedicate, che vanno sotto diversi nomi e organizzazioni, a seconda della loro finalità.
Cos’è una comunità protetta
La legislazione in merito ai centri per minori ha subito importanti modifiche nel corso degli anni. Attualmente, esistono quattro principali tipologie di comunità.
Ci sono le comunità di pronta accoglienza, gli istituti educativi, le famiglie affidatarie e case famiglia e appartamenti per giovani (sia minori che coloro che, pur essendo ormai maggiorenni, devono ancora terminare il percorso scolastico).
All’interno di queste macro categorie, esistono realtà differenti, sia per dimensiono che per tipo di specializzazione. Questi centri possono essere ispezionati dalle autorità per controllare la qualità dell’offerta educativa e dei servizi offerti.
Il ruolo del personale
Per fare in modo che il luogo di accoglienza sia il più possibile vicino alle esigenze dei ragazzi, il personale deve essere adeguatamente formato. La turnazione di psicologi e educatori avviene sulle 24 ore, in modo da garantire una presenza di supporto costante. Gli adulti assicurano un aiuto non solo di tipo psicologico, ma spesso hanno anche il difficile compito di instaurare una relazione di fiducia con gli ospiti della struttura.
Si tratta di un lavoro reso più complicato dal fatto che spesso questi ragazzi provengono da famiglie dove genitori o tutori si trovano in situazioni di profondo disagio sociale.
I rapporti con le famiglie
I presenza di minori, educatori e psicologi tentano di mantenere, ove possibile, un legame con la famiglia di origine. A seconda dei casi, possono venire organizzati incontri periodici in forma protetta (quindi con la presenza di un responsabile della struttura). Il reinserimento in famiglia viene valutato poi, nel tempo, con l’aiuto degli psicologi, degli assistenti sociali e con la supervisione delle autorità competenti.
Educazione e vita in comune
In una casa famiglia, il tempo e le attività sono scandite come quelle di una normale casa. Gli ospiti devono andare a scuola, oppure svolgere attività di apprendistato, poi occuparsi dell’ordine della propria stanza, partecipare alle attività comuni e mantenere buoni rapporti con gli altri ospiti. Come in tutte le famiglie, ci sono orari da rispettare e regole da seguire.
Sono proprio questi elementi di regolarità, educazione e condivisione che aiutano a ricreare un ambiente sicuro e protetto, dove poter continuare a crescere in serenità, con la guida degli adulti. I ragazzi devono poter contare su relazioni di aiuto e cura, per superare il difficile – ma necessario – distacco dalla casa di origine.